A partire dagli anni
’50, il diffondersi delle macchine, dell’automazione, dell’industria ha
prodotto, specie nel Sud, da sempre agricolo-pastorale una profonda lacerazione
nel vecchio tessuto sociale, sovvertendo nel giro di pochi decenni consuetudini,
tradizioni, usi, costumi, modi di vita, consolidati da secoli. Delle industrie casalinghe, ad esempio è scomparso: il
filare, lo scardare, la battitura della bambagia, il lavoro al telaio. E’
rimasto solo un po’ del ricamo.
I cambiamenti avvenuti
sono stati quindi radicali. Alla civiltà del FARE, del CREARE CON LE PROPRIE
MANI, con le PROPRIE FORZE, si è sostituita quella della macchina.
Il lavoro artigianale
richiedeva fatica, tenacia, dedizione, pazienza, precisione, fantasia ed
offriva all’artigiano la capacità di esprimersi secondo i gusti e l’originalità
creativa di cui era dotato. Tutto anche una semplice costruzione diveniva nelle
sue mani qualcosa di personale, unico, irripetibile. Si realizzavano e si
creavano così oggetti sempre diversi e singolari. Per questo motivo le
testimonianze del passato vanno attentamente recuperate e custodite.
Negli ultimi anni,
infatti, si avverte intensamente l’esigenza di riscoprire e recuperare il ricco
patrimonio artistico-artigianale del passato, non solo come motivo folklorico, ma
soprattutto come elemento di vita per alcuni territori. E’ il caso della nostra
Bernalda. I pochi artigiani di oggi sono gli eredi e
i continuatori di esperienze e arti che si sono tramandate nel tempo sempre più
arricchite.